Pierluigi Billone
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Note (2010 - 2012)


1

…oppure ti riduci a operatore qualsiasi
nel campo dell’intrattenimento culturale/intellettuale.

 

2

Disequilibrare.
Disordinare.
Lasciare aperto.
Lasciare incompiuto.
Il momento in cui tutto questo diventa consapevolmente necessario.

 

3

…si limita a deformare il suono, e quindi restano impensabili
i rapporti e i legami aperti dalla trasformazione.

 

4

*Sradicabile.

 

5

…deve esserci uno sgorgo iniziale di questi rapporti,
un´apparizione convincente che genera l´attitudine a pensarli così,
e poi li orienta definitivamente.

 

6

L´escluso fondante.
L´escluso sviante.
L´escluso inavvertito.

 

7

Parola.
Masso erratico.
(Misure da decifrare)

 

8

È la potenza dello stabile e dello stante, dove il suono viene letteralmente dissolto e assorbito, perdendo la propria dignità originale di *Spazio, e riducendosi a momentaneo ospite del luogo (ma non come la luce, che lì è sempre a casa, perché la consapevolezza dell´esposizione ai suoi ritmi è stata un perno iniziale nell´edificazione del luogo).
Lo *Stante è senso vivo depositato, legami incorporati, non riducibili, preesistenti.
Cresciuti in solido sul loro fondamento.
Il momento in cui ci si rende conto di tutto ció…

 

9

…si è generato un filtro che ridimensiona qualunque cosa,
e crea una distanza incolmabile.
La pratica resta sorda, non afferra né entra più in contatto.
A questo punto scarabocchia rapporti solo grafici di dubbia concretezza.
Pagina dopo pagina, pervicacemente e inutilmente,
…con l’apparenza di prendersi cura del suono.
Illusione del sistema.

 

10

…la pittura invece è un vedere attraverso le mani.

 

11

…in effetti c´è altro, di più profondo,
più importante e più urgente che viene mancato.

 

12

…nello stesso modo, una singola vibrazione che lascia oscillare i suoi poli insensibilmente è il centro di una dimensione ritmica compiuta.
Abbiamo imparato ad ascoltare anche così, già da sempre,
dal baluginio delle Pleiadi.

 

13

Disponendoti a un nuovo inizio recedi a strati elementarissimi.
Consuetudini usurate di approccio, residui atrofizzati di contatto.
Cominciando, pensi solo attraverso il già pensato, non sei ancora nell´inizio.
Un inizio, …se è concesso, si trova al di qua di tutte le possibili anticipazioni preliminari.
Devi riattraversare e bruciare tutto quello che si è irrigidito per via fino a qui, buttandolo fuori e senza interferire. Poi, salta dentro o oltre.
A tempo.

 

14

Priorità equilibrante.

 

15

…poi, come è noto, alla stupidità non c´è limite.

 

16

Nella nostra cultura attuale c´è una convinzione diffusa che tutto abbia raggiunto un suo equilibrio, e che il senso che incorpora e implica sia stabile, che non ci sia niente da scoprire, al massimo da approfondire o personalizzare, o che il privilegio della scoperta appartenga esclusivamente agli ambiti chiusi delle discipline professionali.
Delega incomprensibile, ma per alcuni rassicurante e consolatoria.

All´individuo, al di fuori di questi ambiti, rimarrebbe solo il margine di un lavoro individuale, forse appagante, ma senza portata e, di principio, ininfluente.
In questa diffusa apatia (…*sonno…) la musica ha il suo spazio: realtà culturale marginale per un pubblico di élite o per le masse, in ogni caso è solo ciò che mi trattiene in ascolto, anzi semplicemente mi intrattiene (inteso al ribasso e in senso dispregiativo).

 

17

…perché a questo punto si ignorano due cose:
Il *Suono ha incorporato in se stesso tutti i rapporti che hanno reso possibile e determinato la sua generazione.
Li si sa ascoltare e leggere, oppure si è sordi.
Lo *Spazio isola e non integra ciò che non appartiene alla sua *Misura,
lo ospita, come una estraneità secondaria, quindi lo dissipa in se stesso.
Lo si sa già avvertire o no.

 

18

*Ogni luogo è il centro del mondo……ma va mostrato.
È importante quello che hai reso importante.
(E non basta che sia importante per te).

 

19

È un concezione, cresciuta su dei perni,
che però restano incompresi: sono incorporati.

 

20

…perché è un ordine ritmico evidente, ma indecifrabile.

 

21

…inevitabili quindi un certo distacco e disgusto, appropriati e rivelatori.

 

22

Materia.
Materiale.

 

23

…confronta invece i lavori di Morton Feldman, che in genere hanno titoli *inesistenti.

Quasi mai consistono di richiami intellettuali, parafrasi di titoli letterari, annotazioni egocentriche camuffate, presunte immagini riflesse dell´autore, stupidità eccentriche varie…. In tutti questi casi il titolo mira con evidenza a generare una predisposizione preliminare (fondamentalmente e sterilmente verbale e sviante), entro la quale l´esperienza dell´incontro dovrebbe collocarsi (“stai per entrare qui, questo luogo ha la dignità dei riferimenti che lo circondano, questo è il senso che deve orientare e guidare il tuo ascolto, questa è l´esperienza che l´ha generato e che puoi/devi comprendere, non c´è altro da cercare”).

Poi pronunci Piano and Orchestra (1975) o Violin and Orchestra (1979) e… il titolo è come una parola senza suono o un vetro trasparente: sei già dentro, sei il dito che pulsa sul Re b del Pianoforte o vibri con gli accordi iniziali dei fiati su cui si staglia il violino.
E così questi titoli (il cui oggetto è generico, da catalogo), inesistenti, svanendo immediatamente, riescono a fare apparire il lavoro come se già suonasse nella sua particolare unicità, e soprattutto non frappongono né un filtro né una distanza.
Custodiscono il lavoro intatto, ognuno vi può accedere e senza predisposizione indotta - orientamento e prefigurazione del senso (verbale) da afferrare.

Questi lavori non traggono il loro senso dal titolo, ma dalla loro consistenza.
Quando un lavoro aspira alla *consistenza, preferisce che le parole che lo nominano siano…inesistenti.

 

24

…così, sforzandosi di accadere, incontra il rigido depositato.
Mette in movimento la rete latente, ma reale, delle linee di senso.
Le fa apparire come ostacoli e vincoli reali.
Le forza, le fa eventualmente sciogliere.
Ne rivela il gioco vigente.

 

25

Concezione incorporata.
Spazio di Celebrazione.
Pratica.
Presenziare.
Legame elementare che genera un *Luogo istituito.

 

26

Scribacchiare rapporti fra segni e rappresentazioni dei suoni.

 

27

Senso esploso.

 

28

O quello che si concentra nel lavoro si riversa comprensibilmente e diventa nutrimento e dono reale, oppure resta un sapere che non ha alcuna possibilità di generare comunione (e inevitabilmente si svuota e si dissipa nell´intrattenimento).

 

29

…va osservato che il rapporto tradizionale occidentale con la musica (cosiddetta colta)
è praticato e pensato come una sorta d’incantamento momentaneo operato dal suono.

L´ascolto, nella sua forma tradizionale ritualizzata, è essenzialmente un presenziare passivo. Resta distanza, contemplazione, conformandosi all´attitudine tipica verso la parola, un contegno filtrato dalla cultura, che implica la ricezione passiva di un immodificabile.

È un assistere distaccato e impartecipe, influenzato e orientato dalle rappresentazioni che lo introducono e l´accompagnano. (In questo si scorge ancora nettamente, e non a caso, la lontana radice della pratica religiosa occidentale dell’ascolto del Suono connesso alla Parola Sacra, nelle pratiche legate al culto o nelle celebrazioni pubbliche).

L´ascoltatore è una figura meramente ricettiva (o indifferente), o, se interagente e partecipante, lo è nel senso che su di lui opera completamente l´incantamento del suono, cioè egli è catturato dalla pratica del suono (senza però che questa condizione si elevi a una consapevole pratica di conoscenza).

Anche quando l´ascolto deriva da un atteggiamento più intellettuale e competente,
l’approccio fondamentalmente non muta; piuttosto ci si ritiene collocati su un livello considerato più elevato o più profondo.
Su tutto ciò fa leva indifferentemente ogni offerta culturale moderna con le sue strategie, anche se mutano le occasioni, le situazioni e le dominanti.

Ciò su cui quest’ascolto si impernia, ne è la condizione e lo rende possibile, non è quasi mai messo in questione. Ne è lo sfondo, trascuratamente o volutamente ignorato.

 

30

…mentre nelle culture stabili trovi

  • la preservazione e il mantenimento del già acquisito.
  • l’assimilazione dell´omogeneo.
  • l’emarginazione del disomogeneo.

 

31

…inevitabilmente affiorano anche gli strati più antichi depositati.
Cavità e ombre dell´ingombro.
Inaggirabili.

 

32

…o forse meglio: da come ci si riduce e ci si offre in pasto all´uso.
In questo incoraggiati dall´impressione di fare liberamente quello che si vuole, anzi,
di poter essere incondizionatamente quello che si è, finalmente indipendenti, con chiunque e per chiunque altro, in una sorta di nuova fratellanza digitale
(senza odore, più agevole, svincolata, ubique, tutto-abbracciante).

Dove tutto è solo segno, e non è nemmeno più necessario un oggetto corrispondente.
Lo Zoo (del rimbecillimento culturale/intellettuale digitalizzato).

 

33

…il *Suono invece non ammette simili facilitazioni.
In questo caso si nega.

 

34

Presenza è una qualità globale.
Un involucro intero che custodisce degli strati concentrici, vivi.
Una volta ridotta a fenomeno (acustico-meccanico) si dissolve.

 

35

…allora verrebbe da chiedersi:
in quale bolla di sapone conoscitiva e intellettuale siamo,
quando pensiamo la pratica e l´ascolto del suono?

 

36

Nel ritmo di esistenza frammentato si può solo mirare al risultato immediato.
(Se concesso…beninteso).
Solo in una certa dilatazione del ritmo riaffiora consapevolmente l´onda lunga della pratica, che si dà tempo, traccia prospettive, pone delle tappe, le avvicina o le disloca.
C’è agio.
C’è però una lentezza generata dalla discontinuità del rapporto, che produce un distacco, in cui si perde inavvertitamente il contatto con il *Suono.

E non è recuperabile.

Questo distacco si manifesta ingannevolmente attraverso il suo complementare: l´impressione momentanea di disporre di una visione e di un possesso compiuto di tutto, acquisiti definitivamente, esercitabili a discrezione grazie alle possibilità della scrittura e delle rappresentazioni grafiche.

 

37

Irriducibilmente.

 

38

…poi finalmente arriva il suono praticato.
A questo punto il luccichio verbale che lo introduceva e lo circondava,
studiato in ogni dettaglio, nato per predisporre e convincere – innanzitutto se stessi –
si dissolve: rimane la nudità del suono.
Poverissimo di senso incarnato, dove tutto ruota a vuoto,
attorno a cardini inconsistenti, uno sgorbio insignificante.
E così le parole che lo circondavano e introducevano diventano odiose,
perché inutilmente fuorvianti e tradite.

 

39

Area di riconoscimento:

  • Isolamento
  • Autonomia
  • Eccentricità
  • Asimmetria
  • Disequilibrio
  • Polivocitá

 

40

…perché voglio credere di essere in rapporto con ciò che ho di fronte esclusivamente con le orecchie (così sembrerebbe…). Posso anche socchiudere o chiudere gli occhi per aiutarmi in questo intento.

È all´interno di questo atteggiamento tradizionale, che ha senso definire l´uditivo come campo specifico del musicale e distinguerlo così dal visivo, dal gestuale, dallo spaziale, ecc, tutte dimensioni considerate elementari e separate.
Questo “sfuocarsi” e relegarsi della presenza reale di chi pratica in un cono d´ombra dell´attenzione, sembra il complementare apparentemente necessario al concentrarsi esclusivamente sul suono.

Coloro che praticano il suono (la loro presenza e rapporti che incarnano) sono considerati una parte totalmente secondaria all´evento, e quindi trascurati, messi tra parentesi, diventano invisibili. Meglio: la loro reale presenza si impone come ovvia, scivola ai margini della attenzione in quanto ovvia, quasi irrilevante. E` solo a questa condizione – per esempio - che possiamo considerare, poi, degli amplificatori o fonti sonore elettrificate o della musica nata meccanicamente da apparati, come semplicemente diversi, convinti che “tutto ciò che suona è suono”.

Quando poi il suono cessa per noi di essere un’entità viva, perché non siamo più capaci di entrarvi in rapporto, questo ascolto, che comunque resta passivo e necessita di un perno letteralmente convincente, comincia a far leva sulle dimensioni che aveva relegato ai margini: il visivo, il gestuale, lo spaziale, la cornice intellettuale, il riferimento dotto o pseudo poetico, la particolarità delle condizioni di ascolto, le mille parole a vanvera ecc. diversi a seconda dell´area culturale e intellettuale di riferimento.

Poi però accade che questo rapporto si incrini, verticalmente, a dispetto di tutta la retorica dell’ascolto e dell´ideologia dell´intrattenimento che lo sorregge.

In me si sta riaprendo qualcosa, non sono più convinto che ascoltare sia “una questione di orecchie” (o di un qualsiasi altro rapporto parziale residuo come “il visivo”, “il gestuale” ecc. vedi sopra), così come avviliscono i balbettamenti senza senso e la marmellata intellettuale con cui riempiamo o circondiamo di parole la distanza che ci separa dal *Suono (e che spacciamo per parola sulla musica, e che in molti casi è tutto ciò che resta…laddove il suono recede solo a occasione per poterne solo parlare nel commercio delle cose).
intero delle mie facoltà mi segnala altro.

L´ascolto mi appare sempre più l’esercizio passivo e svuotato di una facoltà parziale,
che presuppone la condivisione tacita di un senso comune (oltretutto occultato, che quasi mai viene messo in questione per evitare di avvicinarsi al vuoto …), e la messa in ombra di tutto il resto.

Questo rapporto presuppone e colloca me nel ruolo passivo e supino di ascoltatore
(un paio di orecchie collegate al cervello o allo spirito, operante o meno…), la mia funzione è semplicemente garantirgli una occasione di realtà.
E in questo ruolo assisto a una pratica altrui, che fondamentalmente ignoro e mi tiene a distanza (basata sul possesso di conoscenze specifiche e del potere di convincimento e incantamento che ne derivano).
Tutto questo non nutre.

 

41

…lo stesso accade per la nostra sensibilità attiva verso la vita del suono, che rischia sempre di recedere a una generica attenzione, diventando inerte.
Quando questo accade, le proprietà e le differenze del suono non rivelano più il loro senso depositato, decadono a oggetto/curiosità di una banale attenzione intellettuale e/o unicamente produttiva. L’incontro che nutre e si irraggia è mancato.

Queste stesse considerazioni poi non hanno più alcuna rilevanza concreta, per la mancanza di uno spazio dove possano risuonare.
Ciò indica, in termini elementari, che il suono nella nostra cultura musicale occidentale è ormai oggetto fra oggetti, incapace di essere un’occasione di conoscenza e di nutrirla, incasellato nella pratica e nella retorica dell´ascolto; quindi è incontrato con facoltà corporee e intellettive di secondo grado (e così resta un’esperienza di secondo grado).

Situazione rivelatrice e paradossale.

La realtà dove viviamo e operiamo infatti testimonia il bisogno diffuso di una vicinanza costante, ininterrotta, irrinunciabile e indefinibile con ogni sorta di (pseudo) presenza (del suono). Questi due fenomeni complementari si co-appartengono.
Un musicista, colui che si prende cura del *Suono, dovrebbe considerare attentamente tutto ciò.
Ma non accade.

 

42

…che poi consideriamo con noncuranza e superficialità imperdonabile come la “sonorità” della parola, “colore regionale”, in questo fuorviati completamente dalla nozione comune bastarda e scolastica di Timbro o Colore del Suono.
Nello stesso modo consideriamo in una poesia la “musicalità particolare” dei versi, nozione vuota.
Sordità da rincoglionimento scolastico tradizionale.

 

43

…momenti concreti della vita del suono, udibili e riconoscibili
in quanto vibrazione-stato e in quanto legame, nella realtà unica e intera del loro accadere (e non il concetto verbale o la rappresentazione astratta o solo sognata di questi rapporti, che non accadono mai nel suono praticato, e di cui però si può parlare all´infinito…).

 

44

…entrare in tensione con l´implicito-non saputo-ma praticato.
Riuscire almeno ad avvicinarlo.

 

45

…è diverso, e molto,

  • non sapere perché (e restare aperti, facendo ruotare il mondo lentamente e sorprendentemente attorno a questa domanda muta),
  • non sapere perché (tanto il mondo va avanti così e per tutti, questa è già l´unica risposta, si tratta solo di trovare l’olio giusto, il modo giusto ed efficace di inserirsi,

il bricolage dell´apparenza… per continuare a far funzionare i suoi meccanismi, ovviamente solo a nostro particolare vantaggio e… senza che traspaia… ).

 

46

… la parola inconsapevole, non maturata, né ascoltata, uno scarabocchio di parola,
senza possibilità di presa sulla cose, decisa dalla stessa qualità di attenzione che si dedica a un passaggio del pollice che sfoglia una pagina digitale.

…stupefatti e impietriti, invece, dalla parola sgorgata da sola e a tempo, vomitata a forza, indecifrabile, ammutolente, finalmente riscritta e detta dal corpo che invece sa parlare

Infantilismo (ora compiutamente digitale).

 

47

…non è una conoscenza come “sguardo sul mondo”, che stabilisce nomi
e delle leggi costanti e definitive.
Se è una conoscenza, lo è come *iniziazione continuamente rinnovata.