Pierluigi Billone
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Mani.Mono (2007)


Mani.Mono per Springdrum e Pierluigi Billone

per Springdrum

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Grazia Giacco


Mani: comun denominatore di questi pezzi per percussione, la mano non si limita ad esprimere soltanto una funzione di organo prensile e tattile, ma soprattutto investe quella che Billone chiama l’Intelligenza della mano, cioè la capacità di creare un contatto vivente con il suono.

Mani.Mono (2007) è scritto per springdrum, e richiede anche la presenza di una superficie rettangolare posta orizzontalmente, all’incirca a un metro da terra, sulla quale la molla dello strumento possa entrare in contatto. Immaginiamo l´azione: in alto lo springdrum, tuono risuonante, sorgente sonora, in basso la lastra, superficie che accoglie e riflette. Fra i due: una possibilità di contatto, l’interprete, che con le sue mani, col suo corpo e con la sua voce, si fa artefice di un incontro fra elementi complementari, fra dimensioni diverse: fra terra e acqua. Mono è il nome di un lago antichissimo, sacro ad alcune popolazioni indigene, situato nella Sierra Nevada a circa 2000 metri di altitudine, ecosistema e fonte di nutrimento per molte popolazioni di uccelli in migrazione. Attualmente, si scorgono suggestive concrezioni rocciose per anni nascoste in profondità, che ora riaffiorano a causa dell’abbassamento del livello dell’acqua, particolarmente alcalina. Il paesaggio è reso ancora più misterioso, e nello stesso tempo, testimone di un tempo ancestrale, umano e pre-umano.

Ancestrale: come il suono pensato da Billone, un suono che crea la sua stessa caverna, dove nascono risonanze inattese, si sprigionano vortici, dove il suono si apre e si chiude – o forse sono le nostre orecchie a scoprire il limite della percettibilità, di ciò che è e che non è? Perché il nostro ascolto è sommerso da una costellazione di suoni nuovi, e quasi si resta incantati dalla loro quantità ed eterogeneità : se non sapessimo che il pezzo fosse scritto per un solo interprete ed un solo strumento, la varietà di timbri, di attacchi, d’armonici, di ritmi e di risonanze farebbero piuttosto pensare a più sorgenti sonore. Un solo strumento (mono) ma più ombre divergenti, riflessi di suoni determinati con acutissima precisione nella scrittura di Billone. Come è possibile per un solo strumento, per una sola mano, produrre una tale energia sonora? Dal più piccolo gesto nasce un intero cosmo, dal più esile contatto fra materie diverse (strumento-lastra-pelle-mani-ossa-voce) una possibilità di mettere in vibrazione cavità pronte a ricevere il suono e rifletterlo. L’interprete assume un ruolo centrale, cioè diventa egli stesso strumento-risonante: il suo torace risuona sotto i colpi del pugno.

Una delle più singolari qualità della musica di Billone è questa straordinaria energia creativa capace di moltiplicare la sorgente sonora: da unica (uno strumento) diventa plurale, nel momento in cui incontra il corpo risonante dell’interprete, ed i suoi strumenti principali e vitali, senza i quali non può vivere, né comunicare: mani e bocca. Il suono è fuori o dentro di noi?